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AGNUS DEI

(info)

NOME:

AGNUS DEI

ANNO:

2024

LUOGO:

NEPAL

(info)

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Sangue e Dio, una connessione tanto antica quanto l’uomo stesso. Da Bariyapur in Nepal alla Mecca in Arabia Saudita, il sacrificio, con la sua ombra antica, è arrivato fino ai giorni nostri. Da Abramo, le cui mani tremanti sfiorarono il figlio per l'offerta suprema, ai riti ancestrali dei Greci e dei Romani, che tingevano gli altari con il sangue di animali variegati, sino ai fenici, che, si dice, offrivano anche vite umane ai loro dei. Nelle terre pre-colombiane, dove ogni cosa sembrava materia sacrificale, ed in quelle cristiane dove il rito dell'eucaristia emerge, con la sua forma simbolica, come un omaggio che si riverbera attraverso il tempo, un rituale intriso di mistero e trasmutazione. Qui, in quell'ostia consacrata, danzano le sfumature dell'antico cannibalismo ritualistico, un atto totemico in cui i credenti, nel mistero dell'unità divina, si nutrono del corpo e del sangue del loro Dio.

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Sangue e Dio, una connessione tanto antica quanto l’uomo stesso. Da Bariyapur in Nepal alla Mecca in Arabia Saudita, il sacrificio, con la sua ombra antica, è arrivato fino ai giorni nostri. Da Abramo, le cui mani tremanti sfiorarono il figlio per l'offerta suprema, ai riti ancestrali dei Greci e dei Romani, che tingevano gli altari con il sangue di animali variegati, sino ai fenici, che, si dice, offrivano anche vite umane ai loro dei. Nelle terre pre-colombiane, dove ogni cosa sembrava materia sacrificale, ed in quelle cristiane dove il rito dell'eucaristia emerge, con la sua forma simbolica, come un omaggio che si riverbera attraverso il tempo, un rituale intriso di mistero e trasmutazione. Qui, in quell'ostia consacrata, danzano le sfumature dell'antico cannibalismo ritualistico, un atto totemico in cui i credenti, nel mistero dell'unità divina, si nutrono del corpo e del sangue del loro Dio.

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Sangue e Dio, una connessione tanto antica quanto l’uomo stesso. Da Bariyapur in Nepal alla Mecca in Arabia Saudita, il sacrificio, con la sua ombra antica, è arrivato fino ai giorni nostri. Da Abramo, le cui mani tremanti sfiorarono il figlio per l'offerta suprema, ai riti ancestrali dei Greci e dei Romani, che tingevano gli altari con il sangue di animali variegati, sino ai fenici, che, si dice, offrivano anche vite umane ai loro dei. Nelle terre pre-colombiane, dove ogni cosa sembrava materia sacrificale, ed in quelle cristiane dove il rito dell'eucaristia emerge, con la sua forma simbolica, come un omaggio che si riverbera attraverso il tempo, un rituale intriso di mistero e trasmutazione. Qui, in quell'ostia consacrata, danzano le sfumature dell'antico cannibalismo ritualistico, un atto totemico in cui i credenti, nel mistero dell'unità divina, si nutrono del corpo e del sangue del loro Dio.

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Anche in Asia, nei meandri dell'Induismo si dipana la pratica antica dei sacrifici animali. In questi rituali, intrecci di storia millenaria e spiritualità profonda; ogni gesto, ogni offerta, cela un'essenza intricata di fede e tradizione millenaria dove l'umanità dialoga, o meglio pensa di dialogare, con il divino attraverso l'offerta suprema. Nell'ampio panorama dell'Induismo, i sacrifici animali si rivelano un'onda che lambisce le rive di molteplici tradizioni, ma non tutte le acque sono agitate. Mentre la Bhagavad Gita e i Purana proibiscono il sacrificio ed in generale lo scorrere di sangue rosso, dai Veda al Tantrismo, il filo dei sacrifici animali si districa attraverso i secoli. E’ nelle scuole Shakta che si raggiunge l’apice di questa pratica arcaica con il culto Kali e Durga, dove l'ardore della devozione si fonde con lo scorrere di fiumi rossi per le divinità. Il Nepal è oggi uno dei paesi nel quale avvengono la maggiorparte di questi rituali, si usa il termine Jhatka per riferirsi all'animale ucciso. Il sacrificato deve essere ucciso velocemente, con un colpo solo, senza farlo soffrire, seguendo le regole del Dharma. Ovviamente oggi, nonostante le sue origini antiche, questa pratica si è evoluta ed ha subito il peso dei secoli. L’antica ombra si concretizza ogni cinque anni nel villaggio di Bariyarpur, in Nepal, in prossimità del confine indiano, dove si celebra il festival di Gadhimai. Secondo la leggenda, i primi sacrifici risalgono a diversi secoli fa, quando la dea induista del potere apparve in sogno a un prigioniero chiedendogli di erigere un tempio in suo onore. Liberatosi dalle catene, il prigioniero fondò il tempio e iniziò a sacrificare animali in segno di gratitudine. Circa 200.000 animali tra polli, capre, ratti, pecore e bufali d’acqua, la maggior parte dei quali provenienti da commercianti senza licenza e pellegrini che attraversano il confine tra India e Nepal, vengono sacrificati in questo sanguinoso rito religioso che cambia il colore della terra stessa, rendendola di un rosso corvino vivo. In altri casi, gli animali offerti sono spesso parte dell'allevamento destinato al consumo umano. Pertanto, l'atto del sacrificio si svolge su creature che avrebbero comunque incontrato la fine tramite macellazione, seguendo un processo di uccisione privo di elementi rituali ed in molti casi crudo e snaturante. In questa prospettiva, alcuni potrebbero considerare il sacrificio animale come una pratica superiore alla macellazione moderna, poiché viene inscritto in un contesto di devozione e significato spirituale, trasformando l'atto di prelevare la vita in un atto sacro. Nonostante questo manifestiamo un’innata avversione verso i sacrifici animali, influenzati dalla cultura in cui siamo cresciuti e dimenticandoci del nostro passato. Tuttavia, paradossalmente e con non poca ipocrisia, spesso mostriamo una sorprendente apatia nei confronti dell'industria della carne, nonostante le pratiche di macellazione molto spesso disumane. Questa industria provoca la morte di milioni di animali, molti dei quali non verranno mai consumati, sollevando interrogativi sulla coerenza delle nostre scelte e sulle implicazioni etiche della nostra dieta.

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